LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha   emesso   la   seguente  ordinanza  sul  ricorso  n. 895/1999
depositato  il  30  ottobre  1999  avverso S/RIF su I RIMB - IRAP 98,
contro D.R.E. Toscana (sez. Arezzo), proposto da: Cipriani Pier Paolo
residente  ad  Arezzo  in  via  Cimabue n. 46, difeso da: Naldi Paola
residente a Borgo San Lorenzo (Firenze) in via F. Basaglia n. 11.

                           Fatto e diritto

    La  parte,  con  istanza  in  data 3 maggio 1999 indirizzata alla
D.R.E.,  sezione staccata di Arezzo, chiedeva il rimborso della somma
complessiva  di  L.  7.285.000  a  titolo  di IRAP versata per l'anno
d'imposta   1998,   ritenendola  costituzionalmente  illegittima  per
violazione  degli  artt.  3,  35,  53  e 76 della Costituzione. Sulla
domanda  si  formava  il  silenzio-rifiuto  avverso il quale la parte
propone  il  ricorso  in  esame  adducendo le motivazioni gia' citate
nella domanda. I motivi dedotti possono essere succintamente cosi' di
seguito elencati:
        1)  l'IRAP  non  colpisce  ne'  il  reddito nelle sue diverse
accezioni di reddito entrata, prodotto e consumo, ne' il consumo, ne'
il  patrimonio; unico presupposto e' un ipotetico indice di capacita'
contributiva  individuatonell'"esercizio  abituale  di  una attivita'
autonomamente  organizzata  diretta alla produzione o allo scambio di
beni ovvero alla prestazione di servizi";
        2)  l'IRAP  costituisce  quindi  una imposta che assoggetta a
tassazione  "una  capacita'  contributiva  impersonale,  basata sulla
capacita'   produttiva  che  deriva  dalla  combinazione  di  uomini,
macchine,  materiali,  ecc."  e,  quindi, "una capacita' contributiva
autonoma,  "reale  , separata dalla capacita' contributiva "personale
propria  dei  singoli  individui,  in  qualita'  di  proprietari,  di
percettori  di  redditi  o di consumatori" (cosi' F. Gallo presidente
della Commissione finanze costituita per l'istituzione dell'imposta);
        3)   l'IRAP  e'  stata  istituita  per  sostituire  l'imposta
patrimoniale  la  quale  peraltro  non  colpiva  il  lavoro autonomo;
nonche' l'ILOR, imposta cui la Corte costituzionale aveva sottratto i
proventi di lavoro autonomo;
        4)  con  l'istituzione  dell'IRAP  il legislatore ha posto in
essere,  contro  ogni  evidenza  giuridica  e  di  (fatto, una totale
equiparazione  tra  impresa e lavoro autonomo che i canoni del nostro
ordinamento   giuridico   rifiutano;  oltretutto  il  legislatore  ha
ulteriormente  aggravato  la  posizione  fiscale  del lavoro autonomo
assoggettandolo alla medesima aliquota prevista per le imprese;
        5)  l'IRAP, attua una discriminazione qualitativa a danno del
fattore lavoro non consentendo la deduzione dalla base imponibile del
costo dei lavoratori subordinati e parasubordinati;
        6)  l'IRAP  infine,  e'  una imposta indeducibile dal reddito
soggetto  ad IRPEF del professionista/lavoratore autonomo, pur avendo
essa come presupposto l'esercizio di una attivita' organizzata per la
produzione di beni e servizi.
    Fatte   queste   premesse   il   ricorrente   indica,   svolgendo
considerazioni,   i   profili   di   incostituzionalita'  piu'  sopra
ricordati, quali l'illegittima equiparazione dell'esercizio di arti e
professioni   all'esercizio   di  impresa;  l'avere  illegittimamente
assunto,   quale   indice  di  capacita'  contributiva,  il  semplice
"esercizio   abituale  di  una  attivita'  autonomamente  organizzata
diretta   alla   produzione  o  allo  scambio  di  beni  ovvero  alla
prestazione  di servizi" eccesso di delega del legislatore che veniva
invitato  a  "ridurre il costo del lavoro autonomo" mentre in effetti
il  carico tributario per questi soggetti risulta aumentato; la nuova
imposta,   indeducibile,   ha  sostituito  imposte  prima  deducibili
(contributo  al  SSN, tassa sulla partita IVA, ICIAP); violazione del
principio  costituzionale  della  tutela  del  lavoro in tutte le sue
forme  ed  applicazioni;  violazione del principio di uguaglianza dei
cittadini  davanti  alla  legge; infatti la sostituzione dell'imposta
dovuta al SSN che gravava su tutti i contribuenti, ora grava solo sui
cittadini  incisi dal tributo; incostituzionalita' per violazione del
principio   di   riserva   di   legge   sancito   dall'art. 23  della
Costituzione,  l'ammontare  dell'IRAP dovuta in acconto, infatti, non
viene  a  dipendere  da  norme  di legge, ma da disposizioni di rango
inferiore   (decreto  ministeriale).  Per  tutto  quanto  esposto  il
ricorrente  chiede  il  riconoscimento  di non manifesta infondatezza
delle  eccezioni  di  illegittimita'  costituzionale  con conseguente
trasmissione   degli  atti  alla  Corte  costituzionale;  nonche'  la
declaratoria  di  accoglimento  del  ricorso  con diritto al rimborso
della   somma   versata,   oltre   interessi  e  spese  di  giudizio;
annullamento  del  silenzio-rifiuto  e condanna dell'A.F. al rimborso
del tributo ed accessori.
    Si   costituisce   l'ufficio   e   preliminarmente   controdeduce
l'irritualita'  del  ricorso ai sensi dell'art. 81 c.p.c. per carenza
di legitimatio ad causam essendo il contenzioso attivato soltanto nei
confronti  del convenuto; la lettura dei decreti legislativi n. 446 e
n. 138 attuativi dell'IRAP, non individua potere di rimborso all'A.F.
cui   la  normativa  assegna  esclusivi  compiti  di  cooperazione  e
collaborazione  con le regioni. Il generico richiamo all'applicazione
delle  disposizioni  in  materia di imposte sui redditi contenuto nel
primo  comma  dell'art. 25, non puo' assumere il valore di competenza
provvisoria degli uffici finanziari nei rapporti con i contribuenti e
con gli organi tributari giurisdizionali, mancando la titolarita' del
rapporto controverso ai sensi dell'art. 10 del d.lgs n. 546/1992. Per
questi motivi, l'ufficio convenuto, non puo' essere considerato parte
resistente  unica in materia di rimborso; ne' puo' far valere in nome
proprio  il  potere  delle  regioni che disciplinano autonomamente le
imposte in esame; ne' e' in grado di conoscere, se nel frattempo, sia
intervenuta  una diversa disciplina da parte della Regione Toscana in
materia del tributo.
    Osserva  anche  l'ufficio  che essendo la norma che istituisce il
tributo  tuttora  vigente nel nostro ordinamento, non puo' procedersi
al  rimborso  fin  quando  la  norma  venga  eventualmente dichiarata
incostituzionale.  Rileva  ancora  l'ufficio che il ricorrente non ha
eccepito  o  documentato  un  eventuale  comportamento illegittimo da
parte  dell'A.F.  mentre  fa  osservare  che  una  eventuale, attuale
esigibilita',   puo'   essere   compensata  dal  contribuente  con  i
successivi versamenti dell'imposta.
    In  quanto alla remissione degli atti alla Corte, si osserva come
questa  in  numerose sentenze abbia confermato il carattere oggettivo
espresso  dall'art. 53  della Costituzione, che fa richiamo ad indici
rivelatori   di   ricchezza  e  non  gia'  a  "stati  soggettivi  del
contribuente".    La   stessa   Corte   ha   piu'   volte   affermato
successivamente  che  la capacita' contributiva e' da intendersi come
attitudine  ad  eseguire  la  prestazione imposta, correlata non alla
situazione  del  singolo contribuente bensi' al presupposto economico
derivante   dall'esercizio   abituale   di   attivita'  diretta  alla
produzione  ed  allo  scambio  di  beni  e servizi cui l'obbligazione
tributaria  del  contribuente  e'  collegata, preoccupandosi anche di
segnalare  le  esclusioni.  Infine,  tenuto conto della contemporanea
semplificazione  di  adempimenti  previsti  dal  nuovo tributo; della
abolizione   di  numerosi  altri  tributi;  della  graduazione  delle
aliquote;   dei  differenti  criteri  di  individuazione  della  base
imponibile;  l'ufficio  ritiene  che  la  legge  istitutiva dell'IRAP
appare conforme ai principi costituzionali di capacita' contributiva,
di  uguaglianza  e di tutela del lavoro, di rispetto del principio di
riserva  di  legge,  contrariamente  a  quanto afferma il ricorrente.
Conclude  con  la  richiesta  di  inammissibilita' del ricorso e/o il
rigetto  dello  stesso  in linea di diritto e di merito e conseguente
conferma  dell'operato dell'amministrazione, con vittoria di spese ed
onorari.
    Tutto   cio'   premesso  e  ritenuto  in  fatto,  la  Commissione
tributaria considera in diritto:
        il giudizio sulla illegittimita' costituzionale della imposta
regionale    sulle    attivita'    produttive   spetta   alla   Corte
costituzionale.
    La  Commissione  tributaria  si  deve  limitare  ad  esprimere un
giudizio  sulla  manifestata  infondatezza  della eccezione sollevata
dalla  parte  ricorrente.  Deve  fare da filtro. In modo che arrivino
alla  Corte  solo  le  questioni che abbiano prima facie un minimo di
serieta'.
    Nel  caso  di  specie,  la  Commissione tributaria ritiene che la
eccezione sollevata dal ricorrente non sia manifestatamente infondata
in relazione agli artt. 3 e 76 della Costituzione.
    L'art.  3  della  Costituzione  non tollera discriminazione tra i
cittadini per ragioni di religione, di sesso, di razza, di etnia e di
ideologia  politica.  Vuole  che  situazioni eguali siano trattate in
maniera  eguale  e  situazioni  diverse  siano  trattate  in  maniera
diversa.  Ritiene contrario a giustizia che siano regolati in maniera
diversa  rapporti  euguali,  e  che  siano regolati in maniera eguale
rapporti diversi.
    La   imposta   regionale   sulle   attivita'   produttive  sembra
contrastare   questo  principio  elementare  di  eguaglianza,  quando
sottopone  ad una medesima disciplina giuridica il lavoro autonomo ed
il lavoro d'impresa.
    Il  lavoro autonomo e' una cosa. Il lavoro di impresa e' una cosa
diversa.  Il lavoro autonomo e' inquadrabile in uno schema. Il lavoro
di  impresa e' inquadrabile in uno schema diverso. Il lavoro autonomo
e'  caratterizzato  dall'intuitus  personae.  Il lavoro di impresa e'
caratterizzato  dalla  organizzazione  di  capitale  e  lavoro (dalla
organizzazione  dei  fattori  di  produzione)  e dalla presenza di un
rischio che e' ignoto al libero professionista.
    Da  una parte prevale l'elemento personale. Dall'altra l'elemento
organizzativo e l'elemento patrimoniale.
    Insomma  ci  troviamo  di  fronte  a  due rapporti diversi; a due
situazioni diverse. E voler costringere rapporti diversi e situazioni
diverse ad una medesima disciplina sembra contrastare il principio di
giustizia che impone ad ogni situazione una sua disciplina.
    Difatti   il   principio   di   giustizia   e'  un  principio  di
differenziazione.   Ed  e'  tutto  il  contrario  dal  principio  che
applicava  Procuste (tutti dovevano rientrare nello stesso lettino di
ferro:  i  piu'  corti  venivano  allungati,  i  piu' lunghi venivano
stirati).
    In definitiva: a rapporti diversi, si addicono normative diverse.
    L'imposta regionale sulle attivita' produttive sembra contrastare
il  principio  elementare  di eguaglianza anche quando sostituisce il
contributo al Servizio sanitario nazionale (che in passato gravava su
tutti  i  contributi)  e viene a colpire soltanto alcune categorie di
cittadini.
    Il  servizio  sanitario serve a tutti. E' istituito per tutti. E'
usufruito  da  tutti.  Ergo  e' giusto che la spesa sia ripartita tra
tutti i contribuenti. Cuius comoda, eius et incomoda.
    Non  sembra  conforme  a  giustizia che il costo del servizio che
viene  usufruito  da  tutti  i  contribuenti,  venga  posto  a carico
soltanto  di  alcune  categorie  di contribuenti. A situazioni eguali
(tutti  si  servono  del  servizio  sanitario)  devono  corrispondere
normative  eguali  (l'obbligo di sostenere il costo del servizio e' a
carico   di   tutti   anche   se   in   proporzione  della  capacita'
contributiva).
    L'imposta regionale sulle attivita' produttive sembra contrastare
inoltre l'art. 76 della Costituzione per eccesso di delega.
    La legge delegante stabiliva certe regole e dava certe direttive,
che  la legge delegata non ha assolutamente osservate. L'art. 3 della
legge  delega stabiliva che il Governo dovesse legiferare per ridurre
il  costo  del lavoro autonomo, e la novella legislativa viene invece
ad aggravare il costo del lavoro autonomo.
    Difatti  la  novella sostituisce tasse ed imposte che si potevano
portare  in  deduzione  con  un  tributo  che  non si puo' portare in
deduzione.  Sostituisce  tasse  e  imposte non gravanti su lavoratori
autonomi,  con  una  imposta  gravante  anche su lavoratori autonomi.
Tutto il contrario di quello che voleva il delegante.
    Cosi'  stando  le cose, la Commissione tributaria deve sospendere
il  presente  giudizio,  in  attesa  che  venga  risolta la questione
pregiudiziale  sollevata  con  il  ricorso. E deve rimettere gli atti
alla  Corte costituzionale perche' risolva la questione pregiudiziale
di costituzionalita'.